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Il Medioevo fu un periodo lunghissimo che durò dal 476 al 1492.
   Per il mondo Medievale la donna è un essere inferiore e le convinzioni del tempo, per cui la donna era debole,
meno capace di ragionamento e tentatrice, servivano proprio a legittimare il fatto che fosse trattata in maniera discriminatoria.
  

Questo sesso [quello femminile, ndr] ha avvelenato il nostro progenitore, ha strangolato Giovanni Battista, ..., portato alla morte il coraggioso Sansone. In un certo qual modo, ha ucciso anche il Salvatore... Maledetto sia questo sesso in cui non vi è né timore, né bontà, né amicizia e di cui bisogna diffidare più quando è amato di quando è odiato.”
(Goffredo di Vendôme, scrittore medioevale).
 

   È difficile delineare l’immagine della donna nel Medioevo attraverso gli scritti poiché la documentazione era redatta per la maggior parte da uomini, spesso chierici affetti dalla più incurabile misoginia. Le donne di ogni epoca altro non erano che l’incarnazione della loro progenitrice, Eva, colei che aveva ceduto alle lusinghe del Demonio causando la perdizione dell’intero genere umano. Proprio da lei esse hanno ereditato la capacitàdi ammaliare gli uomini facendo perdere loro ritegno e ragione; le loro arti sono l’astuzia e la dissimu-lazione, le loro azioni sono dettate dai più sfrenati istinti.
   Spesso la vera essenza di queste creature si cela dietro un aspetto gradevole e mite, ma se gli uomini

       “potessero vedere ciò che è sotto la pelle, la vista delle donne darebbe loro la nausea...,

        come possiamo desiderare di abbracciare questo sacco di escrementi?”
        si chiedeva Oddone, il santissimo abate di Cluny.
 

   Eppure anche in campo religioso un nuovo modello, che dal XI secolo avrebbe avuto modo di affermarsi, incarnava la possibilità dell’esistenza di un esempio positivo per tutte le donne. Si tratta di quello della Vergine.

   È proprio all’inizio del nuovo millennio che la devozione mariana si fa infatti sempre più sentita e comincia a permeare gli scritti religiosi fino a giungere alle accorate lodi di un oratore come san Bernardo.
   Maria rappresenta dunque l’antitesi di Eva.
 In Maria ogni brandello di materialità è allontanato: ella è sì madre, ma soprattutto vergine.

Proprio per questo i chierici l’accettano e ne magnificano le doti.

Maria non è donna reale: santa nella perseveranza del suo sacrificio, madre affettuosa e sposa devota, ella è madre della Cristianità perché non ha conosciuto la volgarità del concepimento umano.
Questo è il modello che la Chiesa presenta alle donne.
Se esse vogliono raggiungere la salvezza, devono lottare duramente contro la propria natura corrotta ed essere costanti nel rifiuto del mondo. L’unica strada loro proposta è il convento anche se, in realtà, nella seconda metà del XII secolo pochissime sono le donne che assurgono alla gloria degli altari, poiché alla maggior parte di esse la via della santità era preclusa dal matrimonio.
Il conflitto matrimonio-verginità fu una costante nella tematica cristiana dei primi secoli e i Padri della Chiesa sia occidentale (Ambrogio, Gerolamo, Agostino) che orientale (Metodio, Basilio di Cesarea, Giovanni Crisostomo) furono tutti ferventi paladini della verginità: stabilirono anzi per le donne una rigorosa gerarchia di valori, che poneva al primo posto la vergine, al secondo la vedova e solo al terzo la madre di famiglia.

Nasce così la triade virgo, vidua, mater, nella quale a primeggiare è senza dubbio la figura della vergine.
Il divorzio non è per nulla sconosciuto alla società medievale: la consanguineità, la sterilità o l’infedeltà erano i motivi più frequentemente addotti per liberarsi di una moglie indesiderata, ma per le donne era difficile avanzare simili rimostranze contro il marito.
Emblematico rimane il caso di Eleonora d’Aquitania, che per il proprio divorzio da re Luigi VII di Francia venne addirittura accusata di rapporti incestuosi con lo zio Raimondo, incontrato in Oriente durante la seconda crociata.

Ma questo non è il solo scandalo della vita dell’affascinante regina.
Le sue colpe sono innumerevoli: una volontà incrollabile, una vivace intelligenza, una determinazione virile la rendono il perfetto modello della “pericolosità” delle donne.
Se poi a queste si unisce “l’indomabile propensione alla lussuria, propria del suo sesso”, si comprende come questa regina, protettrice delle arti e sapiente amministratrice dei propri beni, fosse ritenuta davvero l’incarnazione del demonio.
Alcune donne, tuttavia, riuscirono ad accumulare ricchezze dedicandosi ad attività artigianali o commerciali.

Le donne che vivevano in città erano di solito abbastanza istruite. Una donna, soprattutto se di famiglia benestante poteva essere costretta ad entrare in convento; tuttavia vi furono molte donne che parteciparono per propria scelta ai movimenti per il rinnovamento della chiesa e dai documenti dell’epoca è sorprendente notare come sia proprio nel Medioevo che, per la prima volta, le donne potessero votare nelle assemblee cittadine o in quelle dei comuni rurali.
Spesso è questa l’immagine che gli uomini del tempo ci hanno trasmesso delle donne, quando esse erano divenute loro antagoniste in politica o in guerra. Non era infatti raro che, favorite dalla propria posizione sociale, donne dell’aristocrazia, svincolatesi ormai dalla tutela della famiglia e spesso vedove, amministrassero con intraprendenza i propri possedimenti e difendessero con accanimento i loro diritti.
È noto anche come, nel medioevo, le donne leggessero più degli uomini.

Dove e da chi venivano educate?

Le famiglie altolocate avevano un’istitutrice, anche se molto più comunemente l’istruzione

delle ragazze e spesso anche dei ragazzi era data dai conventi di monaci o monache.

Nel 1300 le scuole sono frequentate da un bambino su due, sia esso maschio o femmina, e solo più tardivamente si porrà il problema se le femmine debbano essere istruite oppure no. Nota è la posizione di Filippo da Novara, che propenderà per la loro ignoranza, preferendo che alle ragazze si insegnino “le cure casalinghe”.
Da questo momento in poi, infatti, l’istruzione diventerà sempre più prerogativa degli uomini.

 

LA SANTA INQUISIZIONE E LA CACCIA ALLE STREGHE
 

Non si può trattare la figura femminile medioevale senza dedicare una riflessione a quella pratica infame nota come “caccia alle streghe”, consuetudine che portava a perseguitare, torturare e bruciare donne tacciate di far uso di magia o stregoneria.

L’accusa era quella di stringere patti col diavolo, di operare incantesimi e malefici, di succhiare il sangue dei bambini provocandone la morte, di partecipare al sabba (una riunione notturna culminante nell’adorazione del demonio sotto forma di caprone).

Bastava una denuncia anonima o anche solo la “pubblica voce” per essere sottoposte al processo degli inquisitori.
Fu tra il 1227 ed il 1235 che venne instaurata l’Inquisizione contro le streghe e contro gli eretici per mezzo di una serie di decreti papali. Nel 1252 Papa Innocenzo IV autorizzò l’uso della tortura per estorcere “confessioni” di stregoneria da parte delle donne sospettate; successivamente, Alessandro IV diede all’Inquisizione ogni potere di torturare ed uccidere in caso di stregoneria coinvolgente l’eresia.
5 Dicembre 1484: Papa Innocenzo VIII emette la bolla Summis desiderantes affectibus sulle streghe, che ordinava di inquisire sistematicamente al fine di scoprire, torturare e giustiziare le streghe in tutta Europa.
Ma chi erano le streghe?

Erano donne, contadine, spesso più intelligenti della media, che conoscevano le erbe e i rudimenti della medicina. In tre secoli alcuni storici hanno stimato che furono sterminati nove milioni tra streghe ed eretici, all’80% donne e bambine: le donne venivano violentate oltre che torturate e i loro beni erano confiscati fin dal momento dell’accusa, prima del giudizio, poiché nessuna era mai assolta. Spesso non esisteva una reale motivazione per l’accusa, ma bastava che una donna si differenziasse dall’anonimato per essere giudicata una strega e bruciata: qualunque donna non sposata, dotata di un’abilità insolita o caratterizzata da un tratto particolare (per esempio i capelli rossi) rischiava l’accusa di stregoneria e quindi la morte. La famiglia intera veniva spossessata di ogni bene; si dissotterravano persino i morti per bruciarne le ossa.
 

Nel 1485 due inquisitori domenicani scrissero il Malleus Maleficorum (il Martello delle Streghe), in cui si stabiliva che la strega accusata doveva essere “spesso e frequentemente esposta alle torture”.

Le cacce alle streghe erano campagne ben organizzate, intraprese, finanziate ed eseguite dalla Chiesa e dallo Stato.
Questo regime di terrore durò cinque secoli, sotto la benedizione di almeno 70 papi, tutti in qualche modo compromessi con questi orrendi crimini.
A cosa serviva il terrore?

A dominare e sfruttare le popolazioni, sottomettere i ribelli, imporre una religione non voluta dal popolo e arricchire i dignitari (le autorità religiose) e i loro complici (gli inquisitori). Questi ultimi godevano di privilegi particolari ed erano al di sopra della legge.
Perché le donne costituivano il bersaglio preferito? Perché si voleva eliminare il principio femminile.

Il ruolo naturale di guide da esse esercitato nella comunità minacciava il potere delle autorità (principio maschile).

Le donne si occupavano della salute (gli uomini imparavano da loro) e trasmettevano le tradizioni; le più anziane arbitravano con saggezza le contese, avevano un potere e una forza naturali, incarnavano la sovranità del principio femminile con i suoi valori di conservazione, protezione, aiuto reciproco, condivisione e trasmettevano forza alla popolazione.
Alcune personalità famose caddero vittime dell’Inquisizione. La più nota è senza dubbio Giovanna d’Arco, la pastorella che assunse il comando dell’esercito, salvò la Francia dall’invasione nemica e rimise in trono il legittimo sovrano.

Fu però accusata di stregoneria ed eresia perché indossava i pantaloni e cavalcava come un uomo e fu quindi bruciata viva.

Uomini o donne, per la Chiesa del tempo, se la loro esistenza costituiva una minaccia alla ricchezza e al potere di una minoranza di privilegiati, andavano eliminati.

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